15 marzo 2016

particolato

Abbiamo perso il senso critico, vittime del conformismo e dell’adeguamento all’andazzo generale, della convenienza del momento, dell’interesse particolare senza capacità di integrazione. In compenso siamo diventati bravi nelle lamentele, nei brontolamenti e nel subire qualsiasi angheria. Significa che abbiamo rinunciato ad alcuni processi mentali di osservazione, analisi e valutazione. Un tempo, quando frequentavo la scuola dei preti, la chiamavano meditazione. Ora non è più di moda, ma il senso critico serve ancora, serve ancora adottare un processo di riflessione per giungere a costruire un giudizio sulla mia esperienza, sulla definizione di chi sono e di chi siamo. Il senso critico aiuta ad andare oltre l’attimo per tentare di comprendere le conseguenze dell’esistenza e dell’operare. Comprendere i fattori che mi influenzano mentalmente ed operativamente, rende le mie scelte consapevoli e probabilmente più precise e lucide, più accurate e produttive. Il pensiero critico trae informazioni dalla capacità di osservare, dall’esperienza, dalla comunicazione sviluppando un sicuro miglioramento cerebrale e comportamentale. Sembra che la teoria più accreditata e sostenuta in questi tempi, anche nel sistema produttivo, sia quella che viene definita ad U che comprende tre fasi a ciclo continuo: osserva, rifletti, agisci. Noi medici non abbiamo studiato psicologia, ma alcuni studi sono certamente utili. Riprendo alcuni concetti di Linda Elder che sostiene che la mente umana è incline ad assumere atteggiamenti come

Egocentrismo: è la tendenza umana innata a vedere il mondo solo in relazione a se stessi. Secondo lo psicologo infantile Jean Piaget, bambini e adolescenti sono egocentrici perchè nelle prime fasi della vita ogni nuovo pensiero nasce incorporando il mondo in un delirio di onnipotenza. Tale tendenza si stempera parzialmente con le esperienze della crescita quando si va alla ricerca di un accomodamento con la realtà.

Sociocentrismo (o egocentrismo di gruppo): è la tendenza umana innata a vedere il mondo dalla prospettiva ristretta e fuorviante del gruppo cui si appartiene, e agire conseguentemente nel mondo attraverso credenze (per lo più inconsce e parziali) del gruppo: influenze etiche, regole, interessi, ecc.  Egocentrismo e sociocentrismo si combinano in ogni mente umana, dalla nascita alla morte in vario grado, a formare una percezione del mondo distorta che può essere mitigata solo da un pensiero razionale “conscio”. Siamo rimasti alla prima fase? La formazione di un pensiero critico è un’attività interdisciplinare nella quale vengono integrate, correlate e applicate varie discipline. Si potrebbe anche dire che il senso critico è “un pensiero razionale e riflessivo focalizzato a decidere cosa pensare o fare”. Il pensiero critico è l’attitudine a uno scetticismo riflessivo nei confronti di ciò che leggiamo e ascoltiamo (dalle persone, dalla TV, dalla radio, dai giornali, dai sindacati ecc). Critico, in quest’ottica, non significa solo andare alla ricerca di errori, incoerenze, debolezze ma significa giudicare ciò che è apprezzabile (e perchè) e ciò che non è apprezzabile nei testi che leggiamo o nei discorsi che ascoltiamo, nelle scelte che ci vengono chieste od imposte. Questo atteggiamento consente di giungere ad una sintesi, ad una comprensione equilibrata, ad una libertà di pensiero da confrontare senza paura. Il pensiero critico è una capacità intellettuale che va sviluppata e non un’attitudine che si eredita geneticamente, esso non è una credenza ma un processo. E’ da tanto tempo che abbiamo rinunciato a questo orientamento per il quieto vivere, per portare a casa un piccolo premio immediato senza valutare le conseguenze ed il costo futuro di tali scelte. Per una infinitesima parte di € abbiamo accettato di compilare moduli e moduli. Tutti gli escamotage per avere un aumento di stipendio si sono tradotti in schiavitù. Si doveva avere il coraggio di chiedere l’adeguamento per le nostre capacità professionali e non le PIP ( incredibile). Bisogna riscoprire la necessità di Osservare: che non significa guardare, ma andare oltre l’apparenza. Bisogna tornare a Riflettere: consiste nel fare (o farsi) delle domande, quali: cosa sei?, cosa vuoi?, come lo sai?, perché?, per quanto tempo? si tratta di sforzarsi di  essere riflessivi, cioè di fermarsi a pensare piuttosto che esprimere giudizi impulsivi, accettare la prima idea che salta alla mente o tutto ciò che i mass media o i social media o i sindacati, o i politici propongono. Ed infine Cercare alternative: consiste nell’enfatizzare la ricerca di ipotesi alternative e punti di vista diversi.